Roma, giorni nostri.
Phaim e Asia sono due mondi lontani e, a prima vista, incompatibili. Musulmano e radicato nelle tradizioni familiari bengalesi lui, atea e figlia di genitori separati lei. Eppure, nonostante tutto, si amano. La serie è il sequel dell’omonimo film “Bangla”.
Bangla – Il film
Nel 2019, il film Bangla è stato una vera e propria sorpresa: ironico, attuale ed estremamente divertente, di e con Phaim Bhuyan, ha ottenuto successo sia dal pubblico che dalla critica, e in seguito si è aggiudicato premi come il David di Donatello (come regista esordiente per Phaim), un Nastro d’Argento e un Globo d’Oro.
Un’opera prima parecchio autobiografica – un gioiellino già divenuto cult per una nicchia di appassionati – sul tema del divario culturale che ha saputo interessare e divertire il pubblico.
Bangla – la serie
Nel 2022, Bangla è diventato anche una serie tv, un vero e proprio sequel del film in 8 puntate, disponibili su RaiPlay gratuitamente da aprile, e da mercoledì 20 luglio, in arrivo su Netflix per un binge watching che, se ve la foste persa in questi mesi, vi catapulterà nel divertentissimo mondo di Phaim e Asia, un mondo dove le differenze culturali sono all’ordine del giorno e dove, per un italiano di seconda o terza generazione, integrarsi nella società attuale è ancora molto complicato.
Bangla – La trama della serie tv
Phaim e Asia, innamorati l’uno dell’altra, hanno deciso di vivere la loro relazione amorosa nonostante provengano da due mondi lontani e per certi versi incompatibili.
Musulmano e radicato nelle tradizioni familiari bengalesi lui, atea e figlia di genitori separati lei.
Eppure, nonostante tutto, decidono di provarci: nonostante Phaim non possa fare sesso (né approcciarsi troppo “fisicamente” ad Asia), nonostante sua madre lo vorrebbe con una ragazza bengalese, nonostante Asia sogni di lasciare l’Italia per costruirsi un futuro diverso.
Anche i luoghi da cui provengono non potrebbero essere più diversi tra loro: Tor Pignattara, dove vive Phaim con la sua famiglia, è quartiere popolare “caciarone” e multiculturale di Roma, fatto di piccole botteghe, negoziati import/export, graffiti e locali che vendono al birra a due euro e i kebab migliori della città. Roma Nord, dove abita Asia è il suo esatto opposto: silenziosa, piena di verde, elegante, un po’ snob.
I loro due mondi respingono quasi l’integrazione e l’inclusività, spesso senza farlo apposta, a volte solo perché “è normale così”.
Perché vedere assolutamente Bangla la serie
La premessa è doverosa: su TV Tips siamo fan di Bangla sin dalla prima ora. Il film ci aveva convinti e conquistati e la serie non è stata da meno.
Ci auguriamo che il suo arrivo su Netflix possa donarle il giusto successo di pubblico mainstream che merita, perché è una ventata di aria fresca nel panorama seriale italiano.
Bangla è una serie contemporanea e al passo coi tempi, intelligente e allegra, nonostante affronti una tematica complessa come quella dell’integrazione culturale nella società di oggi.
Phaim firma anche la sceneggiatura insieme a Emanuele Scaringi, una sceneggiatura mai banale seppur sempre con gli occhi rivolti al lieto fine: Bangla è una serie cinica ma ottimista, che non ha paura di raccontare cosa accade nelle periferie a molti immigrati e figli di immigrati, che non si risparmia nell’ironizzare su vizi e tradizioni di altre culture, così lontane da quelle a cui siamo abituati, ma per certi aspetti così simili.
Oltre a un’ottima regia e una buona sceneggiatura, la serie ha un altro asso nella manica, il cast: accanto a Phaim nel ruolo di sé stesso, Carlotta Antonelli (Suburra – la serie) nei panni di Asia e Pietro Sermonti in quelli di suo padre; a fare da spalla ai due innamorati, Simone Liberati (La profezia dell’armadillo), Martina Gatti (SKAM Italia) e ancora Nilima Mittal, Rishad Noorani, Raja Sethi e Fabian Durrani.
Pino Pecorelli e Dario Lanzellotti firmano la colonna sonora, che rispecchia egregiamente i due diversi mondi raccontati nella serie.
Bangla riesce a raccontare l’integrazione nella società odierna molto meglio di altre serie recenti come Zero di Antonio Dikele Distefano (esperimento poco riuscito che trovate sempre su Netflix), avvicinandosi invece a opere di tutto rispetto come Master of None di Aziz Ansari (sempre su Netflix).