Poco meno di un paio di mesi fa, il Wall Street Journal, per decantare The Young Pope di Paolo Sorrentino, gridava alla “Italy’s Television Renaissance” in un articolo firmato da Tobias Grey che trovate qui.
Prima del Wall Street Journal, sul tema, si erano espressi anche giornalisti di testate altrettanto illustri, come la francese Les Echos e il The Economist, tutti accomunati dalla convinzione che la serialità italiana stesse vivendo la sua “età dell’oro” grazie soprattutto al coraggio dimostrato da Sky, nel produrre serie tv come Romanzo Criminale e Gomorra.
Un momento particolarmente fortunato per la tv nostrana, finalmente osannata anche all’estero non soltanto per i suoi prodotti cinematografici.
Ed è anche di questo argomento che si discute, in una domenica di novembre a Milano, nell’elegante Salone D’Onore della Triennale, in occasione dei tre giorni di incontri su temi legati a cultura e attualità, organizzati da Rivista Studio, sito e rivista cartacea, che quotidianamente affronta proprio queste tematiche.
Ospiti del panel in questione, “Raccontare Storie: Young Pope e gli altri – L’età dell’oro dello storytelling e dell’audiovisivo”, Ludovica Rampoldi (sceneggiatrice di 1992, Gomorra, In Treatment Italia), Nicola Maccanica (distribuzione cinematografica) e una delle figure più decisive del momento, proprio per ciò che riguarda la serialità italiana, Andrea Scrosati, vicepresidente Sky Italia.
A lui (e al suo staff chiaramente) il merito di essere riuscito in questi anni a innalzare la qualità della fiction pregiata, mettendola al pari delle migliori serie americane, inglesi e nordeuropee, tanto da spingere il Wall Street Journal, appunto, a parlarne positivamente.
Ma quali sono le serie più “gettonate” all’estero e al centro del dibattito?
Innanzitutto la più recente The Young Pope: inutile sottolineare ancora una volta, quanto, dopo La Grande Bellezza e Youth, l’ossessione estetica nella regia di Sorrentino riesca a far breccia nel cuore degli americani, scatenando in loro una tempesta di emozioni.
E poi ancora Gomorra, 1992, Romanzo Criminale: criminalità e politica attraggono il pubblico di tutto il mondo, nonostante le barriere linguistiche o geografiche.
E al centro del dibattito, anche questa questione, tra le tante: se davvero possa essere così impossibile, in futuro, riuscire a catturare l’attenzione della critica, anche su prodotti italiani che non abbiano al centro temi legati necessariamente a mafia, violenza e bustarelle.
Solo il tempo potrà darci una risposta e Scrosati rassicura il pubblico affermando che presto, sulle reti Sky, assisteremo alla messa in onda di serie che spazieranno su diversi generi, a partire dallo sci-fi, nonostante, tra i titoli più attesi, ci siano prodotti come Calciopoli e I Diavoli sulla crisi economica del 2008, che non sembrano discostarsi troppo da temi sopra citati.
Dopo Gomorra e Romanzo Criminale sembra che l’obiettivo sia quello di non proseguire con il riadattamento televisivo di opere tratte da libri o film, ma di dedicarsi a opere originali, esattamente come successo per 1992, e come avverrà con il sequel 1993, il primo esempio, come sottolineato dalla Rampoldi, di una serie basata sia su fatti reali che di fantasia, dove accanto a personaggi fittizi, sono narrate le vicissitudini di personaggi politici italiani dei giorni nostri.
Non solo Sky però, anche la Rai, dal canto suo, sta cercando, con maggiore fatica certo, di accaparrarsi uno spicchio di pubblico più esigente, strizzando l’occhio alla fiction internazionale, con le ultime produzioni, l’epopea dei I Medici, Rocco Schiavone con Marco Giallini e la trasposizione televisiva de La Mafia uccide solo d’estate di Pif.
Cosa differenzia tutti i prodotti citati finora da quelli precedenti?
A detta di tutti gli ospiti del panel, indubbiamente la scrittura, l’elemento fondamentale che ha permesso da Romanzo Criminale in poi, alla serialità italiana di inserirsi prepotentemente in una fetta di mercato specifica, sulla falsariga dei noir o dei political drama nordeuropei.
E proprio perché spesso, come lo stesso Scrosati afferma, i finanziamenti per alcune serie arrivano dall’estero, a una sceneggiatura originale e concreta, si possono quindi unire scenografia e regia da maestri, come avvenuto per Young Pope e l’intera ricostruzione del Vaticano e della Cappella Sistina a grandezza naturale per esempio. Perché se una serie è finanziata da investitori coraggiosi, anche la produzione deve dimostrare di possedere altrettanto coraggio nell’esportare quel prodotto all’estero senza venir meno alle aspettative, come nel caso di 1992, diffuso in oltre 26 Paesi.
Un momento quindi decisamente fortunato per i prodotti televisivi italiani, che giovano anche della situazione cinematografica del Paese che invece fatica e vacilla, considerando gli incassi dei film italiani che, tolti Suburra, Non essere cattivo, Jeeg Robot e La pazza gioia, restano stabili su cifre basse, come Maccanica afferma nel corso dell’intervista.
Quanto e come si riuscirà a mantenere alta la creatività dei nostri pochi sceneggiatori, è il dubbio che affligge tutti, ospiti dell’evento, pubblico e critica.
Questo momento fortemente creativo è destinato a durare o è soltanto un fuoco di paglia?
Si continuerà in futuro a scrivere e produrre serie tv di alto livello o l’originalità dimostrato finora andrà a esaurirsi e spegnersi in breve tempo?
Come detto nel corso di questo approfondimento, solo il tempo saprà darci le giuste risposte, e chissà che nel frattempo, anche gli altri player sul mercato, non decideranno di rimboccarsi le maniche e seguire l’esempio di Sky e della Rai.